Crime.
1
La mia anima era ancora vergine, così dicevano gli altri.
Non avevo mai ucciso un uomo in vita mia, mai prima di allora.
-Come ti senti?-
-Come diavolo vuoi che mi senta?-berciò una ragazza dai corti capelli neri, il volto irrigidito dalla tensione.
-Non preoccuparti, non sentirai niente-
-Certo, mica sarò io a beccarmi una pallottola-
-Meg-
-Stai zitto-
-Meg!-
-Charlie! Sto per distruggere una vita!-
-Non devi vederla in modo così tragico, Meg. Fai di peggio-
-Non so se ci hai mai fatto caso, ma il mio compito solitamente consiste nel falsificare CD, diamine!-
-Violi la legge, solitamente-
-Io vorrei tanto sapere chi ha violato il tuo cervello, Charlie- intervenne un secondo ragazzo sopra i vent'anni, l'indifferenza stampata in volto.
-Phil, non infierire. Meg deve farlo, non c'è altro modo-
-Sì che c'è!- replicò la ragazza, con una nota di speranza nella voce: forse sarebbe riuscito a convincere uno dei due amici ad appoggiarla nel convincimento del padre. -Torno nella mia stanza e quel tizio se lo uccide da solo! Quale padre manderebbe sua figlia a far fuori un uomo!-
-Il tuo- osservò Charlie, con un mezzo sorrise privo di rassicurante spensieratezza.
-Io non lo farò-.
-Dovrai-
-Non posso farlo!-
-Ma devi-
-Charlie, ma da che parte stai, diavolo?!-
Phil si grattò la barba sulla guancia destra. -Mi state facendo venire mal di testa. Quanti anni avete voi due?-
Charlie diede un'alzata di spalle. -Io ventitrè, Meg diciannove. Questo che centra?-
Margareth sbuffò, ipertesa. Si alzò in piedi, portò le mani sulla testa, strinse i capelli nei pugni, ringhiando ad occhi serrati, poi lasciò cadere le braccia rilassate sui fianchi con un sospiro.
Osservò la calma estenuante e costante di Phil, e la semplice inevitabilità che specchiavano gli occhi castani di Charlie.
Doveva farlo, non c'era altro modo.
-No-. Scosse il capo violentemente e si gettò nuovamente a sedere sulla sedia su cui solitamente lavorava.
-So craccare ogni cavolo di dannato blocco! Certe volte falsifico pure gli autografi sulle copertine... -
-Quelli sono meravigliosi, devo dire- commentò Charlie.
La ragazza lo ignorò. -...qualche firma nei quadri contraffatti, perfino! E ora questo! Perchè?!-
-Meg- la chiamò pacato, Phil.
-Perchè!? Che senso ha?-
-Meg...-
-Ho già il mio compito! Non voglio farlo!-
-Meg!-
-Che vuoi?!-
-Rilassati- .
-Eh?!-
-Ri-las-sa-ti -.
-Phil-
-Dimmi-
-Crepa-.
-Visto?- intervenne nuovamente Charlie. - Con le minacce te la cavi, non vedo perchè devi preoccuparti tanto quando devi passare alla pratica-
-Charlie!-
-Che c'è?-
-Che diavolo stai dicendo!? E' CHIARO che non ucciderei una mosca! Non ho intenzione di iniziare oggi. Woody è troppo importante per me!-
-Woody?- chiese Phil. -Mi sono perso qualcosa? Non doveva far fuori Anthony Brians?-
Charlie scosse il capo con semplicità. -Woody è il nome della sua mosca-
-Mosca?-
-Sì.-sbuffò Meg. -E' la terza del mese. Tengono più compagnia loro di voi due. Almeno non mi prendono in giro-.
-Devo preoccuparmi?- chiese Phil a Charlie, le sopracciglia aggrottate.
-No, io devo preoccuparmi!- sbottò Margareth. -Come fate ad essere così tranquilli?-
-Semplice- soffiò Phil. -Non siamo noi a doverlo fare, ma tu-
-Grazie dell' appoggio, eh!-
-E' un piacere-
-E tu!? Non hai niente da dire?- si voltò esterrefatta verso Charlie.
Lui diede un'alzata di spalle. -O lo fai, o sei fuori. Se sei fuori, sei morto.-
-Qualcuno deve morire per forza- spiegò Phil, con naturalezza.
-E vi pare normale?- chiese, ormai stufa di fare domande e lamentarsi. Non ci capiva niente. Non capiva nemmeno perché, con tutto quel dannato talento che si ritrovava doveva rimanere chiusa nella sua stanza giorno e notte a falsificare firme di autori famosi e craccare blocchi per masterizzare ogni genere di CD o DVD pirata.
Si alzò dalla sedia della sua scrivania e si sedette sul letto, la testa tra le mani. -Ha una famiglia?- Magari se le avessero detto che quell'individuo era una specie di emarginato sociale sarebbe stato meno dolorosa l'idea di troncare la sua vita. Magari era un impiegato depresso che aveva visto o sentito troppo, a cui la vita aveva dato troppi dispiaceri. Una persona che non voleva vivere.
Pregò il Signore che la realtà fosse quella. Non solo per la sua coscienza, ma anche per lui e per quei cari che sperava non avesse.
-Sì- sussurrò Charlie, mordendosi il labbro inferiore.
-Diamine- singhiozzò, senza una lacrima. Non piangeva, si lagnava e basta, solitamente.
-Quando?- domandò.
-Venerdì-
-E oggi è..?-
-Giovedì-
Meg si morse con forza una mano. -Charlie?-
-Sì?-
-Fottiti-.
Phil si stiracchiò. -Lo abbiamo fatto tutti, una volta-
-Non ne vedo la necessità. Il mio compito è un altro, Phil. Non può farlo qualcun altro?-
-Potrebbe-
-E perchè proprio io, allora?-
I due ragazzi si guardarono e Charlie sospirò. -Bè, a quel punto ci sarai dentro-
-A cosa?-
Phil alzò gli occhi sul volto della ragazza e incatenò lo sguardo al suo. -All' inferno, Meg-
Lo disse con una serietà ovvia e devastante, che diede i brividi alla ragazza. La peluria sulla nuca si rizzò, e da lì partì una sensazione di terrore. Percorse tutta la schiena con lenta crudeltà e si serrò al corpo della ragazza all'altezza dello stomaco. Strinse forte, fino a farle sentire la presenza di un enorme buco al suo interno. Angoscia.
La consapevolezza ebbe la meglio su ogni suo tentativo di non pensarci: avrebbe ucciso un uomo. Il giorno seguente. Avrebbe troncato una vita, sottratto ad una madre suo marito, e a dei ragazzi, o peggio a dei bambini, il loro padre.
Si morse un labbro e portò le ginocchia al petto. Le strinse forte. Aveva bisogno di affetto in quel momento. Affetto che nessuno poteva darle. Affetto che nessuno avrebbe più potuto dare a quella moglie e ai quei figli come faceva quell' uomo,a partire dal giorno seguente.
-No- ripetè, scossa dai tremiti. -No!-
Charlie fece per avvicinarsi a lei, ma Phil lo fermò. -E' così Meg. E' così e basta. Ci sarai troppo dentro per andartene, uno giorno o l'altro. Tuo padre non si fida di te e della tua coscienza. Vuole incastrarti!-
-Phil, smettila!- lo rimproverò Charlie, senza tuttavia muoversi. -Così non migliori la situazione-
-La situazione non può migliorare, Charlie! Domani ucciderà un uomo, e da quel momento non potrà più uscire dal giro. Punto, fine. Suo padre non può permettersi il dubbio che sua figlia un giorno molli tutto e faccia la spia! Perchè credi che non la mandi più a scuola?-
-Non lo so-
Margareth non voleva ascoltare. Che suo padre non fosse un genitore esemplare lo sapeva, era un criminale e aveva infilato anche lei nel giro. Ma non voleva sentire ciò che stava per dire. Sapere tutto ciò era una cosa, sentirlo dire da qualcun altro era un' umiliazione! E, ancora peggio, una conferma. -No, no, no- continuava a ripetere, tappandosi le orecchie con le mani.
Quella dannata stretta era sempre più forte e le sue spalle scosse da tremiti sempre più violenti.
-Ciò che serve a lui è un burattino, non una coscienza istruita e così dannatamente pericolosa-
Le lacrime sgorgarono. Meg voltò il capo di lato per non farsi vedere dai due ragazzi, invano. Piangeva come una bambina, scossa dai singhiozzi. Il vuoto dentro la testa, quel buco che le stringeva lo stomaco fino a farle male, il nodo in gola sempre più grosso e quei tremiti che la scuotevano come un terremoto. Umiliazione. Consapevolezza. Angoscia. Senso di colpa. Dannatissimo odio che le bruciava dentro il petto. Odio per colui che l'aveva messa al mondo, messa in quella situazione e che la usava come uno stupidissimo strumento per i suoi sporchi affari. La stessa persona che le stava per fare troncare la vita di un uomo e distruggere una famiglia. E questo solo per imprigionarla ancora di più in quello stupido sistema di terrore e fedeltà forzata.
-Meg, smetti di piangere-
-Stai zitto!- gridò lei, piangendo più forte.
Charlie si sedette accanto a lei e la strinse tra le braccia. Poi il suo limpido sguardo castano corse a rimproverare Phil. -Cosa pretendi? E' difficile per tutti la prima volta-
Phil scosse impercettibilmente il capo, sbuffando. -Piangere è inutile-
-E' uno sfogo-
-Uno sfogo inutile-
-Uno sfogo necessario-
-Che cazzo state dicendo?!- sbottò Margareth, singhiozzando convulsamente. La sua situazione interna non faceva che peggiorare.
-Meg, calmati-
Charlie le accarezzò i capelli e lei singhiozzò più forte.
-Ssst-
-Grida-
-Phil!-
-Incazzati, Meg!- continuò il moro, con irritata tranquillità. Un'enorme frustrazione nascosta da quegli occhi sempre pacifici e rilassati. -Fai a vedere al mondo quando sei incazzata, distruggi qualcosa-
-Phil, cosa stai dicendo?!-
-Charlie, chiudi il becco! Tu non capisci!-
Margareth si alzò di scatto e uscì dalla stanza, asciugandosi le lacrime con un gesto secco della mano. -Mi date sui nervi!- sbottò, andandosene da quella che era la sua stanza,il suo nascondiglio, il suo laboratorio e allo stesso tempo la sua prigione.
[Continua]
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